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I pulcini
sono coperti da un fitto piumino bianco e si
involeranno nel mese di giugno. Mentre in Spagna
ed in Africa nidifica anche su alberi d’alto
fusto, in Sicilia predilige le rupi in vicinanza
di corsi d’acqua stagionali: si insedia in fasce
che vanno dal livello del mare sino a 1.000 m di
quota, scegliendo zone
collinari, ampi spazi aperti a macchia
mediterranea e boschi non troppo fitti sia di
querce che di conifere. In volo è agile, caccia
uccelli di medie dimensioni come corvidi e
colombi, contribuendo al loro controllo
numerico, ma se c’è abbondanza di coniglio
selvatico, allora lo preferisce. La coppia,
tranne che nel periodo della cova, caccia sempre
insieme. Secondo studi attendibili, pare che nel
Mediterraneo siano presenti circa 1.000 coppie
di cui 600 stabilizzate in Spagna e le rimanenti
in Francia centro meridionale, in Grecia e in
Italia meridionale: le presenze italiane più
consistenti sono proprio quelle siciliane,
mentre in Calabria nidificano tre sole coppie,
della Sardegna si hanno notizie scarse.
La popolazione siciliana conta circa quindici
coppie, più un ridotto numero di giovani e di
subadulti erratici. Nella nostra regione è ormai
sparita dal settore orientale: avvistamenti sono
stati effettuati nell’area centro-orientale e
nei parchi dei Nebrodi e delle Madonie. Allo
Zingaro questo animale trova condizioni ideali
di vita.
Solo questo basterebbe a giustificare
l’istituzione dell’area protetta. Infatti, il
motivo della sua regressione è dovuto non solo
alla caccia ed agli atti di vandalismo ai suoi
nidi, ma anche al degrado dei suoi habitats
prediletti, alla diminuzione delle prede
(coniglio soprattutto), all’alta mortalità
giovanile e al suo isolamento geografico che la
porta a non poter sfruttare corridoi naturali di
comunicazione con altri individui della stessa
specie, in territori diversi.
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Visitando
la riserva dello Zingaro si scorgono ovunque
tracce lasciate dall’uomo, anche se ciò che
colpisce, sulle prime, è l’aspetto selvatico di
queste zone. Attraversato solo da trazzere e
mulattiere, questo territorio racchiude tesori
di ogni specie, da quelli naturalistici a quelli
umani. Il paesaggio è di rara e aspra bellezza,
qui terra e mare sembrano un tutt’uno. Per lo
più, gli individui che hanno abitato questi
luoghi sono stati pastori ed agricoltori mentre
la pesca è stata considerata attività saltuaria
e di contorno. Le numerose grotte dei dintorni
(le testimonianze più antiche sono quelle della
grotta dell’Uzzo), diedero rifugio a tanta gente
e sono state utilizzate anche nelle attività
lavorative, ad esempio come riparo per le greggi
(nella grotta Zubbia è stato trovato un mulino
in pietra).
I siti, quindi, sono certi, non così le origini
etniche degli individui che lì abitarono. Le
coste tirreniche della Sicilia offrirono riparo
ed approdo a diverse popolazioni, molte delle
quali ne fecero il loro luogo di elezione; gli
Elimi sono i primi dei quali abbiamo notizie più
ampie.
In questi luoghi riuscirono a creare una cultura
originale che durò fino all’arrivo dei Romani.
Da questo momento non si hanno che scarse
notizie di questa parte della Sicilia fino
all’epoca bizantina.
Anche del periodo arabo mancano documenti certi,
ci sono soltanto le descrizioni poetiche dei
viaggiatori islamici, talvolta confortate da
reperti, da alcuni toponimi (al-dagal, la
terrazza in pendenza; balat al-bayda, la pietra
bianca) e da tecniche costruttive che si
ritrovano in bagli, cisterne e impianti
d’irrigazione.
L’area che oggi appartiene alla riserva, nel
1199 fu assegnata come sostentamento, da
Guglielmo il Buono prima e nel 1241 da Federico
II dopo, al comune di Monte San Giuliano
(Erice); in seguito, e per circa cinque secoli,
il territorio sarà diviso: in parte infeudato,
in parte assegnato al demanio comunale, con la
caratteristica del latifondo monoculturale che
produceva un’economia povera per gli abitanti
del luogo.
Nella
metà dell’Ottocento la fame spinse alla rivolta
gli abitanti quando le terre, provenienti
dall’alienazione dei beni ecclesiastici,
demaniali e nobiliari (i baroni avevano
sfruttato e basta…), passarono nelle mani rapaci
di più astuti e avari nuovi ricchi che furono,
per certi versi, causa e forte riferimento per
la sopravvivenza del brigantaggio e del fenomeno
mafioso, agevolato anche dalla conformazione e
dalla natura dei luoghi di questo comprensorio
della Sicilia nord-occidentale. Ma la
popolazione è fatta soprattutto da individui
generosi, dediti solo al lavoro che spesso hanno
dovuto inventare, utilizzando i pochi elementi
che la natura ha offerto:
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