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Una prima spedizione di Enrico IV
(1191) non riuscì nella conquista del regno; una
seconda, avvenuta dopo la morte di Tancredi
(febbraio 1194). portò alla conquista di esso, e
alla fine del 1194 Enrico prese la corona reale
in Palermo. Tentativi di rivolta furono da lui
ferocemente domati. Egli intendeva fare del
regno la base per una grande spedizione contro
l'impero greco; ma la morte lo colse
improvvisamente in Messina nel settembre 1197.
II figlio di lui, Federico II, procedette a un
riordinamento generale del regno; con suo figlio
Manfredi, caduto a Benevento (1266), crollarono
le sorti degli svevi in Sicilia e, più in
generale, del partito ghibellino in Italia. II
vincitore di Manfredi, Carlo I d'Angio, a cui il
pontefice aveva trasmesso il regno, ne rimase
padrone; e vana riuscì la successiva spedizione
di Corradino (1268), che venne decapitato a
Napoli. II governo angioino non incontrò il
favore popolare, innanzi tutto per il suo
fiscalismo. Alcune sollevazioni vennero
ferocemente domate con lo sterminio d'intere
cittadinanze, e molti membri della nobiltà
locale furono spogliati in favore di francesi.
Inoltre la Sicilia si sentiva posposta a Napoli,
ove Carlo aveva la sua sede. II malcontento
scoppio nell'insurrezione detta dei Vespri
Siciliani, iniziata il 31-III-1282, cui
seguirono l'intervento di Pietro III d'Aragona,
acclamato re di Sicilia, e la guerra cosiddetta
del Vespro fra Angioini e Aragonesi.
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DALLA PACE DI CALTABELLOTTA (1302) AL 1815
Con la pace di Caltabellotta (1302) la Sicilia
rimase a Federico d'Aragona con il titolo di re
di Trinacria. Alla morte di lui l'isola sarebbe
dovuta tornare agli Angioini; invece Federico
fece riconoscere per successore il figlio
Pietro. Di qui una lunga guerra tra i due regni
che si protrasse inconcludente e assai dannosa,
con incursioni reciproche e sbarchi sulle coste
e con la istigazione e l'appoggio dato da re
Roberto di Napoli a fuorusciti e ribelli
siciliani. Nel 1337 Federico morì e gli successe
Pietro II (1337-42), nonostante una sentenza
pontificia dichiarasse la Sicilia devoluta a re
Roberto; a Pietro successe Luigi (1342-55).
Sotto di lui e sotto il successore Federico III,
Giovanna di Napoli e il marito Luigi di Taranto
intervennero, chiamati da molti signori,
ricevettero a Messina (1356) l'omaggio dei
sudditi siciliani e per qualche tempo furono
signori della maggior parte dell'isola. Ben
presto però Federico riprese il sopravvento, e
nel 1372 fu conclusa la pace, per la quale la
Sicilia rimaneva alla casa cadetta aragonese
come vassalla di Napoli e del papa. Morto
Federico III nel 1377, la successione della
figlia Maria non venne riconosciuta da Pietro
IV d'Aragona che cedette i suoi diritti sulla
Sicilia al secondogenito Martino il Vecchio, il
quale li trasmise al figlio Martino il Giovane.
La nobiltà dell'isola si divise nelle fazioni
aragonese e siciliana, della quale seconda
furono a capo i potentissimi baroni Chiaramonte.
La regina Maria fu fatta prigioniera dalla
fazione aragonese, condotta in Spagna e maritata
a Martino il Giovane, e questi venne coronato a
Palermo (1392). Pure la guerra civile continuò
sin verso la fine del secolo.
Morti Maria (1402)
e Martino il Giovane (1409), Martino il Vecchio
re d'Aragona si dichiarò erede del regno di
Sicilia; ma, morto anche lui quasi subito dopo
(1410) ed estintasi la casa d'Aragona, seguì un
periodo d'interregno finché i siciliani, al pari
degli aragonesi, riconobbero il figlio della
sorella di Martino il Vecchio, Ferdinando di
Castiglia, venendo così riuniti i due regni di
Aragona e Sicilia. In Sicilia i primi re
aragonesi emanarono molte costituzioni per
difendere i diritti popolari dagli abusi feudali
e fiscali, e costituirono definitivamente
l'istituto del parlamento, un'assemblea di
origine normanna composta di nobili, clero e
deputati delle città regie (cioè non feudali),
cui fu riservato il diritto di deliberare pace e
guerra, di votare le imposte, di censurare i
pubblici ufficiali. I re per tenere a freno la
nobiltà favorirono anche le libertà municipali;
ma, nonostante tutto questo, i feudatari
acquistarono un potere preponderate a danno
dell’autorità regia e dei Comuni. Le loro lotte
con questi e fra di loro desolarono l'isola, che
venne a poco a poco in profonda decadenza.
Alfonso d'Aragona e di Sicilia, figlio di
Ferdinando di Castiglia, acquistò anche Napoli
riunendo i due regni (1442). Ma alla sua morte
(1458) la riunione ebbe termine, perchè la
Sicilia passò con l'Aragona al fratello Giovanni
II, mentre Napoli fu lasciata da Alfonso, come
acquisto personale, al figlio naturale
Ferdinando I.
Con Ferdinando il Cattolico figlio
di Giovanni, re di Aragona e Sicilia, che riunì
la Spagna sotto il suo governo, si ebbe di
nuovo, per la conquista del Napoletano (1501-03)
da lui operata contro il ramo collaterale e
contro la Francia, la riunione delle cosiddette
due Sicilie alla corona di Spagna, rimanendo
però distinte con il titolo di regno di Napoli e
regno di Sicilia.
A Palermo risiedette un
vicerè. II governo spagnolo in Sicilia ebbe
caratteri oppressivi. Il Tribunale di giustizia
funzionò in maniera arbitraria. Vennero ridotte
le attribuzioni del parlamento, sempre diviso
nei tre bracci, ecclesiastico, baronale e
demaniale. I nuovi sovrani, esasperando una
prassi gia affermatasi con i re normanni, svevi
e angioini, monopolizzarono il commercio del
grano, accrescendo la decadenza economica
dell'isola. La difficoltà delle condizioni
materiali di vita produsse numerose rivolte
popolari, come quella di Palermo e di Napoli
(Masaniello); di Nino della Pelosa, che fu messo
a morte; di Giuseppe Alessi, un battiloro, che
richiese si stabilissero i privilegi del tempo
di Pietro d'Aragona e si abolissero le gabelle
in tutta l'isola. II vicerè e i nobili
riuscirono a suscitare una sommossa contro l’Alessi,
in cui questi fu ucciso; e il popolo, privo di
un capo, fu domato.
continua >>>
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