<<< segue
Per l'intarsio del legno zona di
rilievo e quella fra Castelmola e Taormina (ME);
per l'arte tessile, aree specificatamente
rivolte alla lavorazione dei tappeti sono quelle
di Petralia Soprana e Sottana (PA) e di Erice
(TP); per la costruzione/lavorazione delle
bisacce e delle bardature dei cavalli, Caccamo,
Prizzi, Isnello (PA); mentre sono più
propriamente note per il ricamo le aree di Piana
degli Albanesi e di Valguarnera (EN), per la
lavorazione dell'ambra Catania, come un tempo
per il corallo ebbe nomea Trapani. L'artigianato
più cospicuo, comunque di tutta l'isola, e
quello dei pupi o del carrettino souvenir che,
nella forma, riproduce il vecchio carretto
d'uso; come lo è quello della lavorazione dei
dolci, una volta rinomata attività dei conventi.
Ciascuna provincia, peraltro, ha una particolare
tradizione: a Messina e tipica la pignolata, a
Palermo sono rinomati i cannoli e le cassate e
veramente tradizionali, per il giorno dei
defunti, le pupe di zucchero e la frutta di
martorana (pastareale); a Siracusa è nota la
cuccia; a Trapani le paste di mandorla; a
Caltanissetta i torroni.
Ciascuna provincia ha,
poi, forme gastronomiche emblematiche: la pasta
con le sarde, la caponata, le panelle a Palermo;
il kuskus a Trapani; lo stoccafisso a Messina.
Accanto all'artigianato, altro polo del «vero
folklore» risultano le feste (patronali e non,
calendariali e cicliche). Quelle patronali sono,
ancor oggi, una vera e propria costante di tutti
i contesti dell'isola. Non vi è paese (o città)
senza un santo protettore, mentre ciascun santo
ha una sua specializzazione: ora nel
salvaguardare la salute fisica, ora il benessere
economico (p. es. santa Lucia protegge gli
occhi, sant'Agata le mammelle, san Biagio la
gola, sant'Alfio guarisce le ernie; e, ancora,
san Crispino ha in custodia i calzolai, san
Giuseppe i falegnami, san Pietro aiuta i
marinai, santa Marta i cuochi, e così via).
Lo svolgimento delle feste patronali, in gran
parte legate al ciclo produttivo e, pertanto, in
gran parte di ringraziamento (da qui il loro
svolgersi soprattutto nell’arco estate-autunno),
ha anch'esso uno schema costante. La vigilia
arrivano in paese i rivenditori di semi e di
ceci abbrustoliti (càlia) e nelle strade, ai
crocevia, nelle piazze, si sistemano le
bancarelle dei rivenditori di dolciumi e di
giocattoli; qualche angolo è occupato da
attrezzi da lavoro; non mancano i rivenditori di
stoffa e i mercanti di terracotta. Poi, il
giorno della festa è il momento della
processione. Al santo vengono offerti soldi, che
sostituiscono gli ex-voto per grazia ricevuta;
e, a sera, l'esibizione di un cantante, di una
cantante o di un intero complesso, nonchè i
giochi pirotecnici, concludono la
manifestazione. Ne si sottraggono al fascino
dell’appariscenza della festa religiosa le aree
urbane, anch'esse vibranti dell’affezione al
proprio deus loci.
Valgano alcuni esempi: ad Agrigento è patrono
san Calogero. Durante la festa (prima domenica
di luglio) il fercolo viene trasportato per la
via principale della città, di corsa. I devoti
giurano di veder sudare il santo; perciò lo
asciugano con fazzoletti miracolosi per guarire
le ferite. Quando il fercolo si ferma, dai
balconi e dalle finestre cade violenta una
pioggia di pane (muffuletta di san Calò), che
tutti si affrettano a raccogliere e a
conservare, come talismano.
A Catania, invece, la protagonista e sant'Agata.
La festa - iniziata nel 1126, al ritorno delle
«reliquie agatine» da Costantinopoli - si
celebra sia il 5 febbraio sia il 17 agosto.
L'antico mezzo busto della santa, ricco di una
grande quantità di gioielli, e lo scrigno o
cassa argentea, che contiene le sacre reliquie,
vengono tolti dal duomo e portati in processione
insieme ad enormi ceri (candelore), ciascuno
poggiante su una impalcatura di legno, nel suo
complesso simile ad una torricella a vari
ordini, dove sono scolpiti, ad opera di
artigiani, gli episodi più salienti del martirio
della patrona.
Molti
devoti seguono il percorso scalzi: molti altri
coperti da un simbolico camice bianco, stretto
al fianco da un cordone (sacco). Deus loci di
Messina e l'Assunta. Durante i festeggiamenti
(15 agosto) sono portati in giro un antichissimo fercolo (vara) culminante nella figura di Gesù,
che tiene sul palmo della mano destra la Madonna
- una volta animato da personaggi viventi - e
due gigantesche immagini equestri (Grifone e
Mata), mitici fondatori della città. A Palermo,
invece, ha conquistato il ruolo di patrona santa
Rosalia, il cui Festino, (11-15 luglio) torna
ogni anno come l'emblema più noto del folklore
locale. Le celebrazioni datano fin dal 1625,
allorché furono ritrovate le ossa della santa.
Nel 1686, per arricchire i festeggiamenti, si
costruì un carro trionfale, e tale uso rimase in
auge fino al 1856. Seguì poi un periodo di
stasi, finchè Giuseppe Pitrè, nel 1897, fece
riprendere la celebrazione del Festino con la
tradizionale pompa: il carro percorse
solennemente il tratto del Cassaro, che da Porta
Felice giunge a piazza Vigliena, i ben noti
«Quattro canti», e fu così maestoso da
richiedere, per essere trainato, la forza di
molti buoi. Ne da tale maestosità esula,
certamente, il Festino dei nostri tempi, segnato
da una recente riproposta del carro e
punteggiato da varie componenti coreografiche.
A
Siracusa la festa più solenne è per santa Lucia,
vergine e martire, trafitta per spada il
13-XII-304, dopo aver preannunziato la fine
della persecuzione di Diocleziano e Massimiliano
e la pace della chiesa. La città la ricorda due
volte: il 13 dicembre, anniversario del
martirio, dies natalis, e la prima domenica di
maggio.
continua >>>
|