
Nella mitologia si accenna ad
un gigante, chiamato Akragas, e che abbia dato
il nome alla città di Agrigento, secondo alcuni,
mentre secondo altri si pensa che uno dei capi
della tribù pelasga abbia fondato una città che
fù probabilmente Omface ed alla quale fu dato il
nome Akragas. Diodoro Siculo invece accenna alla
fondazione di un'altra città chiamante Akragante.
Ora sembra, inconfutabile che Omface, fortezza
di Akragante, sia stata abitata dai Ciclopi,
poiché i Ciclopi operarono la prodigiosa
escavazione, chiamata labirinto, in cui apogei
si dilatano lungo tutta l'estensione interna
della rupe sulla quale sorge Agrigento. Essi non
sono stati sino ad oggi esplorati in tutta la
loro estensione, poiché anticamente, persone che
vi hanno tentato non sono più ritornate.
Migliaia di anni dopo, il popolo greco si
espanse in Sicilia e nella Magna Grecia, ed ivi
fondò delle colonie. Si dice che un Antifemo da
Rodi e un Antimo da Creta raccolti numerosi
uomini, vennero in Sicilia l'anno 712 a.C. e
sulla sponda orientale del fiume Gela
costruirono una cittadina che chiamarono Gela.
Dopo che la colonia assunse
un certo prestigio per le sue costruzioni e
fortificazioni, l'agricoltura e la pastorizia
ebbero un vasto incremento. Un primo atto di
pirateria dei Geloi fù la distruzione di Onface
o Akragas. Il bottino di guerra fù portato a
Gela la quale si accrebbe per ricchezza e
prestigio. Dopo qualche secolo, circa 627 a.C.
due uomini, Aristonoo e Pistillo, con un
numeroso seguito di uomini, decisero di popolare
e ricostruire Omface o Akragas, che circa un
secolo prima Antifemo e Antimo avevano
distrutto.
Le
vicende di Akragas sotto la dominazione romana
sono caratterizzate da fasi alterne, anche se,
nel complesso, si può dire che fu trattata con
molto favore e, in alcuni periodi, potè godere
di molti privilegi. Tre anni dopo la conquista,
il pretore Mamilio vi stabilì un buon numero di
nuovi cittadini dalle altre parti della Sicilia.
Così, al tempo del valido e saggio Cornelio
Scipione, avvenne la riorganizzazione del Senato
e i diritti municipali vennero determinati in
modo molto soddisfacente. Scipione Emiliano
restituì alla città molti dei suoi antichi
tesori che erano stati trafugati dai cartaginesi.
Scrive Polibio che, in questo periodo, Akragas
tornò ad essere ammirata come una delle più
belle città del Mediterraneo. Essa era splendida
"per natura e artificio e ritraeva dal vicino
mare tutti i benefici". Era ricca di magnifici delubri e di portici. Ma di queste antiche
testimonianze non è rimasto nulla. Cicerone fa
menzione di Akragas come una delle più ricche e
popolose città della Sicilia; la fertilità del
suo territorio e la convenienza del suo porto
l'avevano trasformata in uno degli empori
principali del commercio granario.
Le fu
concesso di battere moneta con l'iscrizione
latina Agrigentum sino ad Augusto. Il periodo
più triste è certamente quello in cui in città
domina Verre (72-71 a.C.) che spogliò palazzi e
templi di molti beni. Risentì, inoltre degli
effetti della guerra tra Cesare e Pompeo. Venne
occupata dal figlio di quest'ultimo Sesto, e poi
cadde sotto l'impero di Augusto. Lungo un crinale,
impropriamente chiamato valle, e nella zona più
a sud, vengono eretti nell'arco di un secolo (V
sec. a.C.) numerosi templi a testimonianza della
prosperità della città. Incendiati dai
Cartaginesi nel 406 a.C., vengono restaurati dai
Romani (I sec. a.C.) che rispettano l'originale
stile dorico.
Il Tempio della
Concordia
Lungo
la Via Sacra, si erge il tempio della Concordia,
il cui nome è un richiamo ad una iscrizione
latina che faceva riferimento alla "Concordia
degli Agrigentini". Eretto nel V secolo a.C. è
oggi quello meglio conservato grazie al fatto
che nel VI secolo d.C. venne adattato e
trasformato in chiesa cristiana dedicata ai
santi Pietro e Paolo. Il basamento segue
perfettamente l'inclinarsi della collina. In
origine le pareti del tempio, le sue colonne e
le scale erano dipinte di bianco e i capitelli e
i frontoni variopinti. Il tetto era di marmo e
le grondaie sporgevano con teste di leone.
L'ingresso principale era quello presente sul
lato est perché gli antichi greci pensavano che
il tempio dovesse guardare là dove sorge il sole
che rappresenta la vita e non ad ovest, dove il
sole tramonta, segno di buio e tenebre e sede
dell'Ade.
Anche questo tempio, come tutti gli
altri, è in stile dorico. Le sue colonne sono
alte 6 metri e 72 centimetri ciascuna. Oggi il
tempio della Concordia è uno dei simboli di
questa Valle. La vista del tempio illuminato con
il tramonto sullo sfondo è uno spettacolo
sicuramente unico al mondo.
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Il Tempio di Giunone
Posto
nella parte più alta dell'antica città greca, il
tempio venne costruito, intorno alla metà del V
secolo a.C. Esso è dedicato alla dea Era Lacinia
(Giunone) moglie di Zeus. Il tempio è esastilo
(sei colonne in larghezza) e periptero (tredici
in lunghezza).
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